studiare e connettere

Su Insegnare e apprendere Impedimenti ad una vera riflessione Studenti capaci e studenti incapaci Competenze e È possibile migliorare la creatività e la riflessività dei ragazzi studiare e connettere Studiare aiuta a pensare? Creatività e riflessività

 

 

Studying and Connecting

by Giuseppe Tidona

Abstract

In the following research the relationship between studying and thinking is examined  through an experiment which involved 77 students belonging to “The Istituto Tecnico Commerciale- Besta” in Ragusa- Italy and 19 pupils enrolled in the Liceo Linguistico “G. B. Vico”, in the same town, in the January- April 2006 period. They are both high schools.

According to Bartlett (1958), it is possible to state that there are three kinds of thinking processes,: interpolation, extrapolation and “manipulation” (as it could be concisely defined). 

In two preceding studies the probabilities that 14- 15 year old adolescents perform simple “manipulative” and “extrapolative” operations, when studying, were assessed by the present author. 

In this third research, the possibilities that students of this age carry out “interpolative” activities correctly are analysed.

 After careful assessment, a suitable test for this purpose was identified, that is a story by A. Cechov entitled “The Chameleon”.

 This text has an overall satirical flavour which can only be grasped through “interpolative” work, that is by being able to link together distant elements, seeing that the satire is subtle, diffuse and never direct and explicit.

These pupils had to study this story in the first of two hours. In the second hour they had to summarise it, to adequately comment upon its contents in writing and highlight its essence in closing (the “Chameleon’s true meaning is bitter: the men in power are treated differently from humble people!).

 It would be thus possible to infer thinking abilities, in this instance their “interpolative” capabilities, from students’ considerations.

 Data show a significant difference between first class (14 year old) and second class (15 year old) ) students. 

First year pupils’ observations were rather elementary, simplistic and irrelevant. The true meaning, was, therefore, not caught by them.  

Second year students’ remarks, on the contrary, were on the whole appropriate and sharp.

It seems that teachers, grades and the type of school do not play any role, given that the same trends were uniformly  found across all the six classes involved.

 It can be hypothesised that a logical and cognitive acceleration takes place during this passage from the  first to the second class.

Studiare e connettere

I risultati di una ricerca

 di Giuseppe Tidona

Sommario

Nella seguente ricerca viene presa in considerazione la relazione tra studiare e pensare attraverso un esperimento che ha coinvolto 77 alunni dell’Istituto Tecnico Commerciale “Besta” di Ragusa e 19 iscritti al Liceo Linguistico “G. B. Vico” della medesima città nel periodo compreso tra gennaio ed aprile del 2006.

Ispirandosi a Bartlett (1958) è possibile dire che esistono tre distinte modalità di pensiero: l’interpolazione, l’estrapolazione e la “manipolazione” (come potrebbe essere sinteticamente definita).  

In due studi precedenti sono state da me esaminate le probabilità che adolescenti di 14- 15 anni eseguano, quando studiano, semplici operazioni di “manipolazione” e di “estrapolazione”.

In questa terza ricerca sono state analizzate, grazie ai 96 summenzionati discenti (frequentanti prime e seconde classi dei rispettivi istituti), le possibilità dei ragazzi  di questa età di effettuare correttamente attività di interpolazione.

Dopo attenta ricerca è stato individuato un “test” adeguato alla bisogna, il racconto “Il Camaleonte” di Cechov. Tale brano ha un tenore satirico, ma solo attraverso un’opera di “interpolazione”, cioè riuscendo a collegare elementi distanti tra di loro, sarebbe stato possibile cogliere la sottile ironia che lo pervade, mai diretta ed esplicita.

Gli studenti avrebbero dovuto studiare il testo nella prima di due ore per poi riassumerlo per iscritto e convenientemente commentarlo nella seconda ora, evidenziando in chiusura la “morale” della storia (amara e dissacrante: i potenti ricevono sempre un trattamento speciale rispetto alla povera gente!).

Dalle considerazioni avanzate si sarebbe potuta, così, evincere la reale capacità riflessiva, cioè “interpolativa” degli alunni.

Dall’osservazione dei dati è emersa una significativa differenza tra i ragazzi di primo anno (14 anni) e quelli di secondo (15 anni), come se ci fosse una soglia prominente tra le due fasce.

Le considerazioni degli alunni di prima sono risultate semplicistiche, elementari e fuori luogo. Il vero significato del racconto è, pertanto, loro sfuggito.

I ragazzi di seconda classe, al contrario, hanno prodotto osservazioni in via di massima pertinenti ed acute.

 Gli insegnanti, il profitto e la tipologia di istituto non sembrano giocare alcun ruolo, giacché le medesime tendenze attraversano uniformemente tutte e sei le classi coinvolte.

È ipotizzabile che avvenga una decisa accelerazione dal punto di vista logico- cognitivo nel passaggio dalla prima alla seconda classe.

Introduzione

 

Per Bartlett1 il pensare è una necessità derivante dal fatto che l’informazione di fronte a cui ci troviamo è spesso incompleta, lacunosa e, però, noi abbiamo comunque una qualche necessità di colmare questi vuoti per dare un senso alle cose o per  potere proseguire nel nostro cammino di vita.

Incontriamo, ad es.2, qualcuno, poniamo un amico, dopo un certo periodo in cui non abbiamo avuto modo di vederlo, e notiamo che il suo aspetto ed anche i suoi atteggiamenti sono cambiati. Ci stupiamo e subito cominciamo a pensare a che cosa possa essere successo in questo intervallo ed avanziamo delle ipotesi che riescano a spiegare in maniera più o meno plausibile la trasformazione, basandoci sulle informazioni precedenti che già avevamo e sulla conoscenza del suo carattere. Oppure prendiamo in prestito un libro dalla biblioteca, ma purtroppo dopo averne iniziato la lettura ci accorgiamo che manca una pagina. Cerchiamo allora di ipotizzare che cosa possa contenere la pagina mancante, partendo da quanto riportato dall’ultima pagina esistente e collegandoci con la pagina successiva3.

Il riflettere, in modo più o meno stringente, somiglia in generale a qualcosa di questa fatta.

Per Bartlett4 il pensare è, però, classificabile secondo tre grandi tipologie: l’interpolazione, l’estrapolazione e la “manipolazione”, se così possiamo dire.

Per quanto riguarda l’interpolazione, i casi concreti citati sopra ne sono appunto un’esemplificazione.

In modo più formale si può affermare che l’interpolazione è necessaria tutte le volte in cui abbiamo un vuoto in una catena di informazioni che si interrompe ad un certo punto, presenta cioè un gap, per poi proseguire regolarmente ed arrivare ad un suo punto di chiusura.

 Esercizi di questo tipo vengono svolti spesso a mo’ di gioco tutte le volte in cui ci si presenta, ad es. in un giornaletto passatempo, una serie di numeri (o di lettere, ecc.) che hanno uno o più spazi bianchi al loro interno (cioè qualche numero, o lettera, sono mancanti in seno a questa catena). Il compito del lettore, allora è quello di individuare, dedurre una logica che governa la serie fino al punto di interruzione e da lì fino alla sua fine.

Ad es. nella serie semplicissima  2  4 .. 8  10, tramite un’operazione di interpolazione possiamo facilmente prendere atto che la serie avanza, prima e dopo il gap, cioè il numero mancante, di due unità alla volta, e ciò ci consente di dedurre che la cifra “asportata” è il 6 e la catena completa non potrà che essere 2  4  6  8  10.

La vita ci richiede spesso delle operazioni di interpolazione.

Per ciò che attiene all’estrapolazione, essa è indispensabile come attività mentale tutte le volte in cui alcune informazioni vengono presentate, sono sviluppate fino ad un certo  stadio, ma poi la serie viene interrotta, abbandonata senza essere più ripresa. In questo caso si tratta allora non solo di vedere come continuarla, ma di individuarne anche il suo punto terminale, cioè l’arrivo.

Pure per quanto riguarda tale modalità è necessario identificare delle norme che legano tra di loro le unità presentate, come avveniva prima, solo che ora l’operazione è un po’ più “aperta”, per così dire: da quest’unica sezione devo dedurre la continuazione ma anche la sua naturale conclusione (e quindi specificare la “via” nella sua completezza).

Mentre con l’interpolazione in un certo senso le regole sono parimenti distribuite in due porzioni di una catena ed è necessaria una doppia operazione, cioè prima identificare  e poi (o anche contemporaneamente) porre a confronto la logica della prima parte della serie con quella della sua seconda sezione per vedere se e come esse collimano, con l’estrapolazione il processo richiesto è differente. I criteri risolutivi sono addensati da un lato solo ed è indispensabile produrre ipotesi di  continuazione e supposizioni riguardo all’arrivo.

Forse nel primo caso (l’interpolazione) è necessario un procedimento di pensiero che vada soprattutto in parallelo, mentre nel secondo caso (l’estrapolazione) è richiesto un processo principalmente seriale.

Un esempio di estrapolazione è dato dallo stesso Bartlett5:

1234; 2134; 2143………….

Se sottoponessimo questa serie composta da tre gruppi numerici alle persone, esse dovrebbero innanzitutto trovare la probabile regola che lega gli insiemi dati tra di loro e quindi sulla base della norma specificata riuscire a produrne altri, ma dovrebbero, anche, decidere quando terminare la serie, cioè fino a che punto portarla avanti.

Nell’esempio riportato la regola che lega il secondo gruppo al primo potrebbe essere che esso ha i primi due numeri invertiti, mentre il terzo ha gli ultimi due numeri invertiti, per cui ci dovremmo aspettare da una persona che abbia individuato tale criterio la produzione del gruppo 2413, come quarta cifra, in quanto questa volta vengono invertiti i due numeri di mezzo. Questa è appunto un’operazione tipica di estrapolazione. Un problema a parte, che non merita di essere discusso qui, è quando considerare terminata logicamente la serie (ad es., fino a quando continuare l’inversione dei numeri a gruppi di due?).

Per quanto riguarda la terza modalità, la “manipolativa”, (come possiamo sinteticamente definirla) essa è quella che ha più a che vedere con i processi della creatività.

Con questa denominazione vengono indicati procedimenti di pensiero per situazioni che Bartlett6 differenzia in casi in cui tutta l’informazione necessaria è presente ma essa va reinterpretata, va osservata da altri punti di vista più nuovi ed originali; ed in circostanze in cui i dati necessari sono incompleti, lacunosi e, pertanto, ulteriori ricerche ed esperimenti sono probabilmente indispensabili. Si pensi per quest’ultima evenienza a tutto lo sviluppo scientifico fondato proprio sull’aggiunta di nuove conoscenze al nostro patrimonio culturale.

Potremmo anche definire le prime due modalità (l’interpolativa e l’estrapolativa) come identificative e la terza (la “manipolativa”) come produttiva.

Le lezioni CoRT

De Bono con le lezioni CoRT7 ha messo a punto delle unità didattiche adatte a sviluppare pensiero delle tre tipologie. Esse sono risultate efficaci8.

Il tentativo di indirizzare e favorire i processi riflessivi viene reso possibile nella filosofia di de Bono grazie all’impiego di “strumenti”.

Essi sono “organizzatori mentali”, se così possiamo dire, che, avendo acquistato anche per l’uso di nomignoli e sigle una dimensione di riconoscibilità, riescono  concretamente a dare ordine ad operazioni mentali altrimenti evanescenti e pertanto poco educabili. I discenti vengono, perciò, aiutati in maniera determinata ed allenati fattivamente a canalizzare la riflessione in una specifica direzione.

Ad es., quando ad uno studente si richiede di svolgere un PMI (dove P sta per Più, M sta per Meno ed I sta per Interessante- il processo mentale riguardato è quello del giudizio) egli sa che deve mettere in moto una ben precisa catena di operazioni in sequenza per potere arrivare ad un giudizio fondato su contenuti “ricchi” piuttosto che sui propri pregiudizi, su gusti passeggeri o, peggio, sull’aleatorietà. Egli si formerà un’opinione solo attraverso una serie di passaggi intermedi che amplieranno le sue capacità  intellettive.

Ciò vale anche per quanto riguarda le altre operazioni mentali.

Che possa verificarsi tale arricchimento mentale è importante: tanti docenti frequentemente si meravigliano di come certe osservazioni dei ragazzi siano superficiali. E questo cozza con il proposito di creare una classe riflessiva, la quale, del resto, è l’aspirazione profonda di tutti gli insegnanti ed il punto di arrivo di ogni vero atto educativo.

 Gli strumenti CoRT e le tre tipologie di pensiero

 Lo strumento dell’APC (Alternatives, Possibilities, Choices) prepara, così, alla “manipolazione”,  per usare una delle tre categorie di cui sopra, insegna operazioni di apertura al nuovo, alla creatività, trasmettendo le modalità che possano portare ad embrioni di pensiero laterale9.

Viceversa il C&S (Consequences & Sequels) allena gli studenti in forme di pensiero estrapolativo (è la seconda delle tipologie di Bartlett), affinché essi si abituino a calcolare le conseguenze di certe premesse o a prevedere i risultati di determinate azioni poste in essere.

Il CAF (Consider All Factors), invece, sviluppa nei discenti l’attenzione ai fattori  costituenti di una data situazione ed ai legami esistenti tra di loro, ne affina la sensibilità perché essi non ne trascurino alcuno tra quelli, in modo tale da potenziare le loro capacità interpolative (per usare la terza delle categorie di Bartlett).

Questi sono alcuni tra gli  strumenti fondamentali offerti da de Bono. 

Ma quali sono le capacità riflessive medie dei discenti? In che misura nelle nostre scuole gli studenti imparano a pensare?  È possibile anche affermare che il pensare è un sottoprodotto dello studiare?

In due studi precedenti erano già state affrontate da me queste problematiche.  

Nel primo di essi, “Studiare e pensare10, erano state esaminate le possibilità “manipolative” dei nostri allievi in un tipico contesto scolastico.

 I risultati di questo esperimento hanno dimostrato che alunni di 14-15 anni, invitati prima a studiare due testi differenti (decodificabili in modi diversi, alcuni tra questi comunque da classificarsi come più scontati ma più superficiali rispetto ad altri), e a rispondere poi ad alcune domande scritte su entrambi, preferiscono aderire strettamente al senso apparente di un brano piuttosto che tentarne una reinterpretazione, anche quando ciò può sembrare necessario.

Diversi, invece, erano stati i risultati, quando alcuni tra questi alunni erano stati invitati  ad utilizzare lo strumento APC (vedi le lezioni CoRT summenzionate) nella loro opera di decodificazione dei testi. Il prodotto della loro riflessione era stato allora variegato ed interessante.

Insomma lo studio, per come è comunemente vissuto, di per sé non porta ad alcuna “manipolazione”, ad alcun tentativo di vedere le cose da un punto di vista un po’ più originale e differente.

Nella seconda ricerca, “Studiare aiuta a pensare?11 erano stati esaminati in senso lato i rapporti tra lo studiare, come correntemente viene inteso nelle nostre scuole, e cioè come applicazione ad un testo e ritenzione dei suoi contenuti, ed il pensare, il riflettere, interpretati questa volta come capacità di “operare” sui contenuti, avendoli compresi in pieno, cioè come possibilità di svilupparne le implicazioni nelle direzioni più appropriate. Più concretamente si voleva vagliare le capacità di alunni di 14-15 anni di svolgere pensiero proiettivo, ovvero, per usare la terminologia di prima, estrapolativo.

141 studenti erano stati, così, assegnati a tre condizioni differenti, una delle quali era quella dello “studio”. In questo caso (per brevità si omette la descrizione delle altre due condizioni) essi avrebbero dovuto innanzitutto apprendere una storia che non veniva comunque presentata nella sua interezza, ma era tagliata, per così dire, a metà ed il resto tralasciato.  

 Dopo averla studiata come abitualmente fanno quando hanno da ripetere determinati contenuti al docente, essi avrebbero dovuto, poi, supporre, sulla base degli indizi esistenti nella prima parte, la continuazione e la conclusione della storia, ovviamente fondandosi sulla logica piuttosto che sulla fantasia.

 La specifica novella era stata scelta dopo un’attenta analisi dei suoi contenuti. Essa si prestava particolarmente a questo esperimento: infatti, per la presenza di un congruo numero di indizi sparsi nella parte della storia presentata ai discenti, un attento e riflessivo lettore avrebbe potuto individuare in via di massima la continuazione e la fine della vicenda.

 Ebbene la condizione dello studio è risultata, in maniera significativa, la peggiore delle tre per quanto riguarda la previsione dell’epilogo, cioè l’operazione di estrapolazione. Molti si sono abbandonati alla pura fantasia piuttosto che fondarsi sui dati reali presenti oppure l’epilogo è stato scelto partendo da quello che ognuno desiderava sarebbe successo dopo. Pochissimi, tra quelli assegnati a tale condizione, sono riusciti nell’intento “estrapolativo”.

Anche in questo caso è sembrato che studiare non si conciliasse alla perfezione con pensare.

Nei due studi summenzionati è anche risultato non esserci nessuna sostanziale diversità, per ciò che attiene alla capacità di compiere le operazioni richieste, tra ragazzi di primo anno delle superiori (di 14 anni) e ragazzi di secondo anno (di 15 anni), né tra livelli di profitto.

La differenza era solo determinata dalla condizione a cui gli studenti erano stati assegnati (ad es., studio soltanto oppure studio ed utilizzo degli strumenti CoRT).

Abbiamo parlato di manipolazione e di estrapolazione: sono forse le operazioni di interpolazione più facili per i nostri alunni?

A tale riguardo è stata  organizzata la seguente ricerca.

 

La ricerca

 

Se definiamo l’interpolazione come quella operazione che riesca ad esplorare in un insieme di dati significativi in contemporanea le parti (due o più) di cui esso è composto per scoprine la logica che le regge, la norma che le tiene unite, sopperendo altresì eventuali dati mancanti, ovvero colmando i vuoti esistenti, allora non è difficile organizzare uno studio su quest’altra tipologia di pensiero.

Dopo un’attenta analisi dei contenuti di numerosi brani, è stato, infatti, scelto il racconto “Il camaleonte12 di Cechov,  in quanto particolarmente adatto.

Tale novella è tutta giocata sul filo dell’ironia, della satira di costume, che in nessuna parte, però, della storia sono statuite esplicitamente come il tenore o l’obiettivo della stessa.

Solo un lettore attento che tenga presenti i diversi passaggi ed i mutamenti  d’atteggiamento dei personaggi, i quali avvengono in momenti differenti dell’enucleazione della trama, può rinvenire il vero messaggio della novella.

Insomma l’alunno che vuol comprendere pienamente e non superficialmente questa storia deve scoprire quello che non è mai detto esplicitamente, ha da colmare vuoti e può far ciò solo se riesce, per così dire, ad interpolare le varie parti e le diverse transizioni. 

La novella è stata, pertanto, sottoposta a 77 frequentanti il primo ed il secondo anno dell’Istituto Tecnico Commerciale “Besta” di Ragusa e a 19 studenti del secondo anno del Liceo Linguistico “Vico” della stessa città, in un arco temporale compreso tra gennaio ed aprile 2006.

I 96 alunni sono stati assegnati ad un’unica condizione, quella dello studio, in quanto si voleva semplicemente vedere che percentuale di studenti avrebbero compreso la reale natura del brano e avrebbero formulato esplicitamente quello che nel testo resta implicito.

D’altronde la convinzione di partenza era che delle tre operazioni fondamentali di pensiero l’interpolazione fosse la più semplice (vedi al riguardo anche Bartlett13).

Quest’unica condizione di studio era in quanto tale abbastanza simile a quella delle altre ricerche summenzionate: i discenti avrebbero dovuto, nella prima di due ore, studiare il brano, per poi riassumerlo nella seconda ora per iscritto, indicando in chiusura (e questa era l’ultima consegna data) anche la “morale” della storia, l’essenza della vicenda.

Il racconto è stato distribuito in edizione integrale, era stato asportato solo il titolo, in quanto la definizione di “Camaleonte” poteva indubbiamente puntare al carattere della trama.

Perché si possa comprendere più concretamente la natura della prova, si danno di seguito una sintesi ed alcuni estratti del racconto.

 

Breve sintesi del racconto

 

 Il racconto parla del commissario di polizia Ociumielov e di una guardia che lo segue la cui attenzione è attirata da qualcuno che strilla mentre i due attraversano la piazza del mercato.

A quanto pare un signore è stato morso da un cane, lo si capisce dalle imprecazioni: infatti, subito dopo, si scorge un uomo in camicia che rincorre un cane  e successivamente riesce a trattenerlo per le zampe posteriori.

 Il commissario e la guardia si avvicinano al luogo dello schiamazzo e vedono che l’orefice Chriukin mostra alla folla, la quale nel frattempo si è lì radunata, un dito della mano destra insanguinato. Accanto sta tutto tremante un cucciolo di levriero.

Il commissario chiede che cosa sia mai successo.

Io [……]-comincia Chriukin [……]- sto parlando [……] con Mitri Mitric’, e tutt’a un tratto questo vigliacco, che è che non è, mi morde il dito…Voi mi scuserete, io sono un uomo che lavora. [……] Bisogna che mi indennizzino, perché io con questo dito forse per una settimana non farò un movimento…”14.

Il commissario sembra colpito da queste parole e convinto ad intraprendere un’azione investigativa: “Di chi è il cane? Io non la lascerò così. Vi insegnerò a lasciar liberi i cani! È ora di rivolger l’attenzione a simili signori che non vogliono sottostare alle disposizioni!15.

Ociumielov si rivolge allora alla guardia, di nome Elderin, invitandolo a stendere il verbale dell’accaduto, mentre aggiunge: “E il cane va soppresso. Senza indugio! Di sicuro è arrabbiato… Di chi è il cane, domando?

- A quanto pare, è del generale Zigalov!- dice qualcuno della folla.

- Del generale Zigalov? Uhm!….Toglimi un po’ il cappotto, Elderin….Fa un caldo terribile! S’ha da supporre che stia per piovere…16.

Il commissario a questo punto comincia a fare domande incalzanti sulle modalità del morso e chiede come sia potuto succedere che un cane così piccolo abbia azzannato al dito della mano destra un uomo grande e grosso come Chriukin. Non è magari, si interroga ancora il commissario, che l’orefice si è graffiato con un chiodino ed adesso vuole dare la colpa al cane per spillare soldi al suo proprietario?

Qualcuno della folla suggerisce che Chriukin abbia premuto il suo sigaro sul muso del cane e di conseguenza ne è stato morso.

Ma la guardia ha ora un’illuminazione, avanza un’osservazione suggerita dalla sua conoscenza delle cose.

Non è del generale [……] Il generale di così non ne ha. Lui ha soprattutto dei cani da fermo17.

Allora anche al commissario comincia a sembrare che il cane non possa essere di Zigalov, perché lui ama solo i cani di razza ed il cane che ha morso non si capisce completamente di che tipo di razza sia. Infatti Ociumielov dice:

Né pelo né figura….una cosa ignobile [……]. Se s’incontrasse un cane simile a Pietroburgo o a Mosca, sapete che avverrebbe? Là non guarderebbero nella legge, ma sul momento: muori! [……] È necessario dare una lezione! È ora18.

Però la guardia sfortunatamente, imbeccato anche da qualcuno tra la folla, ha un ripensamento, è preso dal dubbio che sia del generale; forse, dopo tutto, può anche essere suo.

Allora il commissario: “Uhm!…Mettimi addosso, caro Eldirin, il cappotto…Tira un po’ di vento…Ho dei brividi19.

In quel frangente passa di lì il cuoco di Zigalov, per cui si può senz’altro chiedere direttamente a lui. Il cuoco alla domanda specifica reagisce affermando che si erano fatti venire una strana idea, in quanto di cani così a casa del generale non ce ne erano mai stati.

Ociumielov reagisce immediatamente: “E’ un cane randagio! [……] Sopprimerlo, ecco tutto20. Ma il cuoco, che evidentemente non aveva completato il discorso, subito dopo aggiunge che il cane era però del fratello del generale!

Il commissario sembra profondamente colpito dalla notizia che il fratello del generale era arrivato in paese. È come se avesse voluto saperlo per tempo:

E io nemmeno lo sapevo! Così questo è il suo cagnolino? [……] il cagnuzzo non è male..21.

La storia si chiude con la folla che comincia a ridere di Chriukin e con le seguenti parole minacciose di Ociumielov alla volta dell’orefice: “Arriverò ancora fino a te!”22.

Come si vede il commissario cambia spesso atteggiamento sulla base delle ipotesi di appartenenza del cane. Si può notare facilmente come il suo rigore sia massimo se viene suggerito che il levriero sia di uno sconosciuto, ma ha un tono accondiscendente quando la supposizione è che appartenga al generale.

In questa versione abbreviata ovviamente cogliere i tratti fondamentali della vicenda e cavarne il senso complessivo è facilitato dal fatto che tutti i mutamenti sono accostati e ravvicinati (ed anche forse evidenziati), non proprio come avviene nell’originale. Per cui, per cogliere compiutamente la portata del test, è necessario leggere il racconto completo, a cui, quindi, si rimanda.

 

I risultati

 

La prova, contrariamente alle aspettative, è risultata più difficile del previsto, almeno per un gruppo specifico di ragazzi.

Si diceva che alla ricerca hanno partecipato 96 alunni, così distribuiti: 66 erano frequentanti prime classi (4, tutte dell’Istituto Tecnico Commerciale “Besta” di Ragusa) e 30 le seconde classi (11 appartenenti ad una classe del “Besta” e 19, invece, ad una seconda del Liceo Linguistico “Vico” della stessa città). 

Nella tabella 1 vengono riportati i dati, a seconda della classi di appartenenza (prime o seconde).

 

Tabella 1

 

 

 

Classi

prime

 

Classi

seconde

 

Totali di riga

 

Risposta errata

(gli elementi di satira non vengono colti)

 

 

52

 

5

 

57

 

Risposta corretta

(gli elementi di satira sono colti)

 

 

14

 

25

 

39

 

Totali di colonna

 

 

66

 

30

 

96

 

Nota sulla tabella 1:

L'analisi del chi quadrato sulla differenza tra risposte corrette e risposte errate attraverso le due condizioni mostra che essa è altamente significativa da un punto di vista statistico, X² (1, N= 96)=30,472, p ‹ ,001, 2-sided.

Le tendenze sono state le stesse attraverso le classi e gli istituti. Non ci sono, cioè, state differenze significative nei trend di risposta tra gli studenti di primo anno delle varie classi (percentuali egualmente alte di risposte errate) né tra gli alunni di secondo (la variazione non solo di classe ma anche di istituto non alterava la capacità di produrre riflessioni fondamentalmente azzeccate).

Quando è stato possibile i risultati dettagliati dei test sono stati sottoposti agli insegnanti della classe specifica che conoscevano i livelli di profitto e di abilità e avrebbero potuto apprezzarne l’influenza. Complessivamente si può dire che la resa scolastica sembra non aver giocato alcun ruolo.

Nelle classi in cui si è svolta la ricerca pochi erano i ripetenti per potere svolgere un’analisi della funzione esercitata dall’età anagrafica rispetto alla classe di iscrizione.

 

Riflessioni sui risultati e conclusioni

 

Se, come si può notare già a prima vista, gli studenti delle prime classi hanno nella stragrande maggioranza sbagliato le loro risposte, al contrario, gli alunni di seconda hanno saputo, in maniera significativa, offrire riflessioni pertinenti ed  acute, cogliendo la satira sociale presente nella novella.

L’esame degli errori (a prescindere dall’età dell’autore) risulta abbastanza interessante.

Chi sbaglia sembra fissare la sua attenzione solo su un qualche passaggio del racconto, estrapolandolo da tutto il resto ed ingigantendone l’importanza.

Alcuni affermano, ad es., che la morale del racconto è che “non bisogna maltrattare gli animali”. Chi asserisce questo è rimasto evidentemente colpito della parte in cui un tizio della folla afferma che Chriukin ha premuto il sigaro sul naso del cane così, tanto per divertirsi.

Altri, invece, ne ricavano la convinzione che le bugie hanno le gambe corte: probabilmente danno un’importanza decontestualizzata alle parole, già citate, del commissario: “come ha potuto morderti? [……]Forse che può arrivarti al dito?” e alla parte finale contenente la minaccia di Ociumielov indirizzata all’orefice: “Arriverò ancora fino a te!”.

Non manca chi sostiene che a questo mondo ci sono tanti bricconi e furfanti i quali vogliono scroccare soldi al prossimo, simulando danni immaginari: certamente per questi studenti acquista un rilievo tutto particolare il frangente (già citato) in cui il commissario si trova a dire: “Probabilmente ti sei graffiato il dito con un chiodino, e poi t’è venuto in testa l’idea di spillar quattrini.

In tutti questi casi è mancata la capacità di collegare tra di loro i vari piani del racconto per cavarne un senso complessivo. Si può anche sospettare che l‘operazione interpolativa sia intrinsecamente più difficile in molte situazioni rispetto all’estrapolativa: è da supporre che ci sia un carico aggiuntivo per la memoria di lavoro, costretta a tenere in registro in contemporanea le varie parti dell’insieme informativo proposto, perché la mente possa poi coglierne la logica complessiva.

Le osservazioni errate degli studenti sono, comunque, risultate abbastanza elementari: è come se di fronte alla difficoltà del compito essi abbiano preferito rifugiarsi in sentimenti “semplici” ed in un certo senso, tipici dell’infanzia: “la natura va rispettata”, “occorre amare gli animali”, “non bisogna dire bugie”, “a questo mondo ci sono tanti furbacchioni (e per fortuna che la giustizia li smaschera!)”, “chi commette imbrogli prima o poi la paga”, ecc.

Indubbiamente nel determinare questo vistoso gradino tra gli alunni di prima e quelli di seconda, un certo peso può esercitarlo la ancora germinale esperienza di rapporti sociali da parte dei quattordicenni, al di fuori della cerchia familiare, nel mare grande delle altre formazioni sociali, e dei rapporti di potere, spesso profondamente ingiusti, che regolano dette formazioni. Probabilmente una pratica più avvertita di questa natura può, poi, aiutare a cogliere i nessi che legano i vari piani di un racconto complesso come “Il camaleonte”, ponendo l’allievo in “zona di sviluppo prossimale” (come direbbe Vygotsky).

E’ perciò possibile che gli alunni di seconda siano stati aiutati da una migliore conoscenza della società nel produrre osservazioni pertinenti sul “Camaleonte”, del genere: “purtroppo non tutti siamo uguali”, “alcuni ancora oggi (come il commissario Ociumielov) sono banderuole al vento, disposti a cambiare posizione a secondo di chi si trovano di fronte”, “parecchi per paura sono sempre dalla parte del più forte”, “non sopporto le ingiustizie della società”, ecc.

Comunque sia, i dati dimostrano che nel passaggio dalla prima alla seconda classe si verifica un apprezzabile cambiamento dal punto di vista logico-cognitivo, probabilmente stimolato anche dalla crescita di esperienze sociali e culturali che nel frattempo si determinano.

Pertanto, è importante che gli insegnanti siano più sensibili a queste differenze di capacità e non attribuiscano le difficoltà di comprensione a svogliatezza oppure a scarse abilità di base.

Studiare, anche quando viene svolto in maniera appropriata, non significa automaticamente capire tutto, così come non induce necessariamente riflessioni della stessa qualità di quelle di un adulto avvertito.

Ed ancora: il pensare, come abbiamo visto, spesso prescinde  dai livelli di profitto e di abilità; ed esso non è neanche un sottoprodotto naturale o una funzione dell’impegno scolastico. Anzi nelle ricerche citate sopra si è anche visto che la condizione “normale” dello studio non è nemmeno la più appropriata perché si sviluppi riflessività.  

Servono altri strumenti  ed un impegno specifico in tale direzione.

 Giuseppe Tidona

Ragusa, estate 2006

 

 


 

1 Frederic Bartlett, Thinking- An Experimental and Social Study, London, George Allen & Unwin LTD, 1958, p. 20.

2 Frederic Bartlett, op. cit., p. 21.

3 Frederic Bartlett,  op. cit., p. 22.

4 Frederic Bartlett,  op. cit., p. 22.

5 Frederic Bartlett,  op. cit., p. 38.

6 Frederic Bartlett,  op. cit., p. 49 e p.97.

7 E. de Bono, CoRT Thinking, Blandford, Dorset, Direct Education Services Limited, 1973-1975; vedi anche de Bono, CoRT Thinking Program. Workcards and Teacher's Notes, Chicago, Science Research Associates, 1987.

8 Vedi i miei resoconti  "E' possibile migliorare la creatività e la riflessività dei ragazzi?", in Dialogo, anno XXVI, n.7, ottobre 2001, Modica, pp 1-9, e "Riflessività e creatività a scuola", in Dialogo, anno XXVII, n. 7, ottobre 2002, Modica, pp.7-8.

9 E. de Bono, Lateral Thinking, N.Y., Harper & Row, 1970.

10 G. Tidona, Thinking and Learning-  The Results of an Experiment, paper presentato alla Fifth International Conference on Creative Thinking, organizzata a giugno del 2004 dall'Università di Malta. La versione in italiano è consultabile nel sito: http://www.itcbesta.it/Tidona.htm

11 G. Tidona, Is Studying Conducive to Tinking?, paper accettato per la presentazione alla 12th International Conference on Thinking in Melbourne, Australia (2005); anche in questo caso la versione in italiano è consultabile nel sito citato sopra.

12 la novella Il camaleonte di Cechov è stata tratta dall'antologia in adozione nelle classi dell’ITC “Besta” di Ragusa, cioè da A. Mariotti, M. C. Sclafani, A. Stancanelli, Il libro arancione - dal Rosso e dal Giallo, Firenze, D'Anna, 2001. Il testo di Cechov è a p.104 dell'antologia.

13 Frederic Bartlett, op. cit., p.33.

14 dall’antologia citata, p. 105.

15 dall’antologia citata, p. 105.

16 dall’antologia citata, p. 105.

17 dall’antologia citata, p. 105.

18 dall’antologia citata, p. 106.

19 dall’antologia citata, p. 106.

20 dall’antologia citata, p. 106.

21 dall’antologia citata, p. 106.

22 dall’antologia citata, p. 106.

 

Laboratorio Scuola (altre ricerche del prof. Giuseppe Tidona)

Impedimenti ad una vera riflessione (estate 2007)

Studiare e pensare: i risultati di un esperimento (maggio 2004)

 Insegnare e apprendere  (autunno 2003)

Studenti capaci e studenti incapaci (maggio 2003)

    Il tema: quali metodiche per aiutare gli studenti nello sviluppo di idee? (gennaio 2003)

  Riflessività e creatività a scuola: le lezioni Co.R.T., un secondo esperimento (settembre 2002)

Competenze e ... sesso (gennaio 2002)

E' possibile migliorare la creatività e la riflessività dei ragazzi? (settembre 2001)

 

 

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Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2011